Campo di Prigionia 78/1 Acquafredda


Nel febbraio del 1943, l’esercito italiano autorizzò il trasferimento nel campo di prigionia di Acquafredda di Roccamorice, costruito nelle aree di impianto industriale della società ALBA, un contingente di circa 350 prigionieri alleati, tra cui numerosi neozelandesi e australiani. I detenuti di guerra provenivano dal campo di concentramento n. 78 di Sulmona e furono impiegati in lavoro obbligatorio alle dipendenze dell’industria mineraria in fase di costruzione.

Dopo l’8 settembre 1943, a seguito dell’armistizio e della decomposizione sostanziale dell’esercito italiano, gran parte di tali prigionieri prese la via di fuga verso il Meridione, nel tentativo di ricongiungersi con l’esercito alleato.

 

Stante la presenza del fronte di guerra, l’inverno del 1943-44 fu vissuto da parte di questi giovani militari alla ricerca di ripari e di forme di sopravvivenza strenua, con l’aiuto attivo di parte della popolazione locale distintasi per forme notevoli di resistenza civile e con la minaccia incombente dei nazisti. John Broad, un militare neozelandese, ha rievocato in pagine di straordinaria intensità tale vicenda umana e bellica, in particolare raccontando la fuga dal campo di Acquafredda e lo spostamento verso Caramanico.

In località Acquafredda restano le rovine di una delle costruzioni del campo, con una traccia ancora visiva delle vicende della seconda guerra mondiale che si cumulano ai segni dell’industria mineraria e a quelli della civiltà agropastorale, il tutto in uno scenario di paesaggio di grande apertura visiva verso i quatto punti cardinali. Un altopiano denso di storia da osservare.